La Psoriasi: una sfida aperta( pubblicazione 1/12/09)
"Sono argenteo, desquamante…Pozzanghere di scaglie si formano ovunque riposi le membra. Alla fine anche amare ci nausea. Abbiamo una vista acuta ma detestiamo guardare noi stessi. Il nome della malattia,spiritualmente parlando, è Umiliazione.(John Updike; Scrittore).
Credo che con queste parole sia stato ben descritto lo stato di depressione che può essere indotto da una patologia come la a psoriasi, una dermatosi eritemato-desquamativa molto comune ma caratterizzata da un estenuante andamento cronico recidivante. Si tratta di una malattia ad impronta genetica multifattoriale, il che significa che è presente una predisposizione genetica che necessita di fattori scatenanti per estrinsecarsi.
E’ assodata l’aumentata incidenza in ascendenti e collaterali di psoriasici, anche se una parte importante può essere attribuita a traumi, infezioni, stress e farmaci.
La malattia colpisce di preferenza la razza bianca, risultando più rara nella razza nera, e quasi sconosciuta nelle popolazioni di pellerossa ed esquimesi. Si stima comunque che circa il 2% della popolazione mondiale ne sia affetta a qualche livello.
Può comparire ad ogni età, anche pediatrica. Si stima che il 15% dei casi di psoriasi cominci sotto i 10 anni di età . Non è ovviamente contagiosa e non riduce, di regola, la durata della vita.
Viene classicamente migliorata dalla esposizione solare e regredisce, di solito, in gravidanza.
In sostanza si verifica una iperproliferazione con incompleta maturazione dei cheratinociti, accompagnata da flogosi dermica, indotta da una immunoreazione T linfocitaria. In conseguenza di ciò il ciclo cellulare risulta accorciato di circa otto volte! Come risultato finale, si ha la formazione delle tipiche chiazze eritematose ricoperte da squame lamellari bianco-argentee.
Esistono delle localizzazioni elettive in cui questa patologia si manifesta più frequentemente: la superficie estensoria di gomiti e ginocchia, il cuoio capelluto, la regione lombosacrale, le unghie. Di fatto, però, tutto l’ambito cutaneo può esserne interessato.
Come accennato prima, le remissioni spontanee o indotte dalla terapia, possono essere incostanti e parziali, determinando la necessità di cure prolungate e piuttosto diversificate nel tempo.
I molteplici aspetti della malattia
La malattia è spesso diversa nella estensione, nell’aspetto clinico e nel decorso da persona a persona, tanto da far sì che ogni psoriasico abbia la "sua" Psoriasi. La forma più comune è quella denominata "psoriasi volgare in chiazze", ma sono molteplici le varianti (guttata, invertita, anulare, etc). Alcune forme sono decisamente gravi, seppur rare, come quelle pustolose, eritrodermiche, artropatiche, che, oltrepassando l’aspetto estetico, provocano un serio interessamento generale con compromissione di organi ed apparati e possono risultare pericolose e invalidanti a più livelli. Le forme insorgenti in eta’ pediatrica hanno spesso atipie cliniche e forme fruste , risultando dunque di più difficile diagnosi .Nel lattante sono presenti aspetti a tipo dermatite da pannolino , chiamate "napkin psoriasis" ed è solo con il progredire dell’età che gli aspetti clinici cominciano a definirsi , pur mantenendo a volte aspetti ingannevoli ,di difficile diagnosi differenziale.
Le terapie
La cronistoria delle sostanze usate per la cura della psoriasi è molto lunga ; basterà ricordare che Kaposi , dermatologo illustre dell’800 , raccomandava antimonio , manganese , acido fenico , grafite e persino farina di mais guasta! Altri prodotti si sono poi avvicendati nel corso dell’ ultimo secolo , in genere con scarsi risultati . Ma proprio nelle ultime quattro decadi , la terapia , particolarmente per le forme gravi ,ha avuto un notevole impulso con l’introduzione di potenti nuove sostanze.
I concetti di base sui quali si fonda la cura di questa malattia sono che il trattamento permette di raggiungere la remissioni ma non la guarigione e deve correggere tutti i fattori e cofattori di malattia, anche durante i periodi di benessere; infine, la scelta terapeutica deve tener conto dello stato reattivo del paziente.
In definitiva, possiamo concludere che il trattamento deve essere adeguato alle caratteristiche della malattia e del paziente.
Si prevedono terapie sistemiche e locali .
Da lungo tempo si usano emollienti, idratanti, cheratolitici, come la classica vaselina salicilica utile per il distacco delle squame , e riducenti, come i catrami, nonché una lunghissima serie di sostanze galeniche, che sono il bagaglio storico di ogni dermatologo.
Accanto a questi ci sono i cortisonici topici, il calcipotriolo e gli altri derivati della vitamina D. Per le forme più impegnative si utilizzano i retinoidi , derivati dalla vitamina A, il metotressato e la ciclosporina, immunosoppressori; la fototerapia e la Puva, la crenoterapia o terapia termale . L’utilizzo di queste terapie deve essere di stretto controllo specialistico , stante la potenziale pericolosità di questi farmaci . Da evitare , ad esclusione della sola forma eritrodermica ,grave , l’uso di cortisonici sistemici , che , pur efficaci nel breve periodo , porterebbero quasi sicuramente ad un effetto "rebound" alla sospensione ,con un tragico peggioramento ed estensione della malattia.
La nuova frontiera di cura potrebbe essere data dagli anticorpi monoclonali e dalle proteine di fusione, ancora in fase di osservazione e di raccolta dati.
ultimo aggiornamento 01/12/12